Redazionale tratto da: Il Foglio
28 gennaio 2010
VEZZENA
E’ un intenso e strepitoso formaggio da meditazione. La pasta è dura, compatta sotto la lama ma friabile sotto i polpastrelli
Ho mangiato il più buon formaggio italiano e non so quasi come si chiami e non ho capito bene da chi e dove e come venga prodotto e allora chiamo Roberto Brazzale che me l’ha mandato. Brazzale è un formaggiaio onesto: non millanta di averlo prodotto lui, il più buon formaggio italiano. Si limita a venderlo nello spaccio aziendale, assieme ai caci suoi. Tanto per cominciare, mi spiega, il più buon formaggio italiano si chiama vèzzena, accento sulla prima E e Z sonora come in “mezzo”. Ahi, cominciamo male, accenti e pronunce ballerine rendono il nome del miglior formaggio italiano difficilmente memorabile fuori dalla ristretta area di produzione. I problemi proseguono: nell’imprescindibile “Dizionario enciclopedico dei formaggi” il vèzzena è un formaggio trentino, per la precisione del passo di Vèzzena, mentre sull’etichetta leggo “Malga Dosso di Sotto, Cima Larici, Altopiano di Asiago” ovvero provincia di Vicenza, Veneto. C’è che i formaggi dei consorzi hanno confini precisi, burocraticamente definiti, mentre i formaggi selvaggi così come lo Spirito vanno dove vogliono, al seguito delle vacche brade (in questo caso di autoctona razza rendena, piccole dimensioni ideali per l’alpeggio al contrario dell’ubiqua, goffa frisone da capannina). Sempre sull’etichetta c’é scritto “Vèzzena stravecchio” e chiedo a Brazzale: “Quanto vecchio?”. “E chi lo sa. Potrebbe avere due anni.” Il più buon formaggio italiano sembra averne perfino di più, eppure è in ottima forma e non deve necessariamente morire in grattugia. La pasta è dura, compatta sotto la lama ma friabile sotto i polpastrelli, e il bello è che piange. Gocciola. Subito dopo il taglio gli occhietti si riempiono di lacrime (grasso che cola). E ne ha ben donde: piange per la sorte della zootecnia italiana di montagna, dei suoi formaggi meravigliosi e negletti, dei malgari che sono eroi malpagati, militi ignoti a cui nessuno erige monumenti ma, al contrario, a cui tutti mettono i bastoni fra le ruote a cominciare dagli sgherri delle asl che applicano regolamenti europei studiati per soffocare l’uomo e scatenare l’industria. Questo vèzzena intenso e strepitoso è un formaggio da meditazione e allora medito sulla rendena che lassù sulle montagne, pascolando libera, ha mangiato i fiori migliori per dare al malgaro il latte più profumato, e la amo come fossi un’indù, o Giosuè Carducci.